Ecco come un ormone si rende complice nella motivazione a mangiare, e non solo
Se ogni tanto, o spesso, ci viene qualche voglia: voglia di cibo, ma anche di sesso o di appagare i sensi in qualche modo, non sentiamoci in colpa e riversiamo questa tranquillamente su un gruppo di neuroni, con la complicità di un ormone.
Già, è lui il colpevole! È lui che ci fa "peccare" di gola, e non solo di quella. Ed ha pure un nome: si chiama Leptina. Un nome che fa venire alla mente un qualche piccolo animale; forse perché è in qualche modo legato a un istinto animale, quello che sta dietro alla soddisfazione elementare di una "voglia" o forse perché, in effetti, la leptina (dal greco "leptos", magro) è un piccolo ormone legato alla regolazione del consumo energetico (proteico) e del metabolismo dei grassi.
Bene, secondo un recente studio, è proprio il "piccolo" ormone che influenzerebbe la motivazione al mangiare. Ma non solo: sempre lui sarebbe coinvolto nella motivazione o "voglia" improvvisa di fare sesso o soddisfare una fantasia. Tuttavia, non è lui che "accende" le voglie: questo lo fanno dei neuroni. Lui, semmai, li istiga.
Lo studio è stato condotto dai ricercatori americani dell'University of Michigan Ann Arbor. Questo ha descritto per la prima volta come un nuovo gruppo di neuroni leptino-reattivi (LepRb), della zona ipotalamica laterale (LHA) del cervello, alimenti direttamente il sistema mesolimbico della dopamina, sottolinea il dr. Martin Myers, Jr. che ha coordinato lo studio. Questo conferma precedenti studi che evidenziavano il ruolo primario del sistema dopaminergico mesolimbico nella dipendenza e nell'assuefazione da droghe e il ruolo della dopamina mesolimbica nel controllare le sensazioni "appettitive" o gratificanti che assegniamo alle cose; ovvero, nei confronti del cibo o di un'esperienza sensoriale come il già citato sesso di cui abbiamo voglia.
Questo studio, quindi, si aggiunge alla sempre più evidente convinzione che la leptina in realtà non accende o spegne l'appetito, ma agisce sulla sensazione di sazietà, conclude Myers.
Lo studio è stato pubblicato sul numero di agosto di "Cell Metabolism" di Cell Press publication.
(lm&sdp)